ALICE IN CHAINS, L’ANIMA OSCURA DEL GRUNGE

Se parliamo di Grunge, la maggior parte delle persone citano sempre e solo i Nirvana. Il gruppo di Kurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic hanno permesso all’industria discografica e al mondo di conoscere quello che, prima della pubblicazione di Nevermind del 1991, era considerata una moda tra giovani capelloni a cui piaceva andare in giro con strane camice a quadri da boscaioli e jeans strappati. Il primo lavoro in studio della band di Cobain era un concentrato di rabbia giovanile, disagio esistenziale e sociale tramutato in un rombo di tuono che si propagava dai loro amplificatori valvolari per arrivare a scompigliare le vaporose capigliature di coloro che ruotavano ancora nel mondo del Glam Rock

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CARLOS SANTANA, LO SCIAMANO DELL’ASSOLO

Carlos Santana e il suo gruppo vanno oltre il semplice concetto di rock band. Sono stati la colonna sonora di una generazione, di un determinato periodo storico che utilizzava gli assoli di chitarra per entrare nelle pieghe più recondite delle coscienze. Era una ventata di novità all’interno di un panorama musicale che era in costante fermento, che aveva tanto da dire e parecchio da offrire. Furono i pionieri di una nuova sperimentazione sonora che non aveva precedenti. Riuscirono infatti a mescolare generi musicali all’apparenza molto diversi tra loro quali il rock, la salsa, il blues e la fusion. Il tutto accompagnata dalla straordinaria abilità strumentale di Santana, il quale era in grado di dare anima alla sua chitarra elettrica e di farla cantare per mezzo dei suoi epici assoli con i quali ha scritto una delle pagine più belle della storia del rock.

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RORY GALLAGHER, IL GENIO DIMENTICATO DEL ROCK

Pura magia. Non c’è altro modo per descrivere la musica di Rory Gallagher. Molte persone cercheranno di raschiare il fondo dei ricordi per cercare di focalizzare chi sia costui. Non è uscito da nessuno dei talent show che negli ultimi tempi monopolizzano i gusti e l’industria discografica. E non ha nessun legame di parentela con i fratelli Liam e Noel degli Oasis. Perché è questo il tipo di reazione a cui si va incontro quando a qualche “rocker” improvvisato (o anche a qualsiasi facente parte della stampa specialistica) si domanda “Conosci Rory Gallagher?”. Le risposte sono tra le più disparate: c’è chi fa finta di pensare a dove possa aver già sentito quel cognome, chi tenta di dargli un volto cercando di scartabellare i vincitori di X Factor delle ultime otto edizioni, chi pensa di averlo sentito come super ospite a Sanremo e chi invece ti guarda come se gli avessi insultato la famiglia in Klingoniano.

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SE A SANREMO A PERDERE E’ LA MUSICA (QUELLA VERA)

Il festival di Sanremo è una delle manifestazioni più importanti del panorama musicale italiano, se non la kermesse per eccellenza. Fin dalla sua prima edizione del 1951 è stata, nel corso degli anni, la rappresentazione più lampante dello spaccato dell’italianità nel mondo. Tanto si è detto e scritto sull’edizione che si è appena conclusa, giunta quest’anno al suo sessantottesimo anno di vita. Un traguardo importante, che mostra tutte le rughe e le crepe di un appuntamento che con gli anni ha perso di gran lunga il prestigio che aveva in passato.

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JACKASS, OVVERO QUANDO LA TV (E LA SOCIETA’) NON SI PRENDEVANO TROPPO SUL SERIO

In un periodo in cui il palinsesto televisivo italiano iniziava a rincoglionire i propri telespettatori con i primi esperimenti che anni dopo si sarebbero tramutati in talent show e reality vari, c’era un programma che divenne un successo travolgente fin dalla messa in onda della sua prima puntata. Lo show televisivo in questione si chiamava Jackass e mostrava una banda di pazzi furiosi alle prese con alcuni degli stunt più pazzi e malati che il piccolo schermo avesse mai visto prima. Ben presto i nomi dei suoi protagonisti sarebbero diventati volti noti dell’ultimo periodo della nostra storia recente in cui ci si divertiva giusto per il gusto di passare del tempo in completa spensieratezza, senza dover ricorrere al telecomando dell’indignazione facile.

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MARILYN MANSON E L’IPOCRISIA PERBENISTA DELLA BEAUTIFUL PEOPLE

Quando si pronuncia il nome di Marilyn Manson la maggior parte delle persone pensa subito ad uno stralunato personaggio con delle strane lenti a contatto, vestiti di pelle neri e satanismo. Questo perché l’oscurantista macchina del perbenismo ha alimentato negli anni la convinzione che la rockstar americana sia un indefesso satanista intento a divulgare il messaggio del Signore degli Inferi attraverso i testi delle sue canzoni. Per anni Manson (la rockstar) è stato oggetto di una delle più massicce e pericolose gogne mediatiche messe in campo dalla società americana.

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IL ROCK STA REALMENTE DIVENTANDO UN FENOMENO DA MUSEO?

«Il Rock è morto. Genere musicale amato da generazioni di capelloni e liberi pensatori, colonna sonora di infuocati rapporti sessuali celebrativi. Ispiratore di una vera e propria rivoluzione culturale e capostipite di diversi generi musicali sorti dopo di lui, i suoi inconfondibili riff riecheggiavano per sempre nell’eternità. Non fiori ma opere di bene”. Potrebbe essere questo il necrologio del Rock, genere musicale oramai consegnato ai margini della storia. Perché sono così drastico? Semplice. Basti analizzare una serie di fattori che, nell’immediato futuro dell’industria musicale, hanno fatto si che il Rock (e la musica in generale) diventassero una nota marginale all’interno della storia dell’Uomo.

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TAXI DRIVER, VIAGGIO NELL’ABISSO UMANO LA CUI UNICA CURA E’ LA RIBELLIONE

Parlare di Taxi Driver significa citare una delle opere più importanti della cosiddetta New Hollywood. Perché c’era un periodo in cui Hollywood, prima di diventare la capitale mondiale degli scandali sessuali, era considerata la Mecca del cinema. Un luogo dall’alone mistico in cui avvenivano delle magie che venivano impresse su pellicola, destinate ad essere tramandate di generazione in generazione come una delle eredità più importanti che si possano ricevere.

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OPERAZIONE NOSTALGIA, QUANTO SI STAVA BENE QUANDO SI STAVA PEGGIO

Guardandosi un po’ in giro l’andazzo sembra quello. La sensazione è che si stia vivendo una sorta di rassegnazione culturale secondo la quale tutto quello che c’era e che si faceva prima era decisamente meglio rispetto a quello che si può fare oggi. Con tutte le dovute eccezioni del caso, molto probabilmente questo è un discorso che può stare in piedi per determinate dinamiche o situazioni.

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