LA SCARPETTA: COME RENDERE FELICE UN ITALIANO
Non lo diciamo al galateo, che ad oggi si vede ancora diviso sulla “grazia” di tale pratica a tavola, ma fare la scarpetta a casa di un italiano o al ristorante, da Nord a Sud è indice di gradimento, oltre che di grande soddisfazione per il cuoco o padrone di casa che si è prodigato nel preparare quella pietanza solo per voi.
Con la polirematica “Fare la Scarpetta”, attestato per la prima volta nell’italiano scritto dal GDLI nel 1987, il Treccani riferisce quanto segue:
“raccogliere il sugo rimasto nel piatto passandovi un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita”
Le origini di questa pratica pare provengano dall’Italia meridionale, mentre l’origine dell’espressione propriamente detta resta, ad oggi, un mistero. Le versioni più gettonate tra gli studiosi sono due: la prima, metafora della scarpa che, calpestando terra, raccoglie residui di ogni genere (un po’ come accade al pane nel piatto); la seconda trae le sue origini da un lemma fonicamente simile, con il quale si indicava una condizione di estrema povertà che induceva le persone a non lasciare neanche una briciola di quel poco che c’era da mangiare.
Indipendentemente dalle sue origini, la suddetta è ad oggi una pratica molto diffusa, che vede adoperato un tipo di pane generalmente soffice e colmo di molliche, utili ad assorbire con maggiore facilità il sugo prediletto, tra i cui principali si annoverano il sugo al pomodoro, il ragù di carne, sugo di funghi e pesto alla genovese.
Roberta Bagnulo