NON SI UCCIDONO COSI’ ANCHE I CAVALLI?
Non si uccidono così anche i Cavalli? La “regola d’oro” e il Coronavirus negli Stati Uniti.
Misure disumane per salvare esclusivamente le vite con più prospettive prestazionali.
Questo è il racconto del fallimento di un sistema basato esclusivamente sul calcolo economico “tout court” e sul valore di “produttività per la causa nazionale” del cittadino americano. Tutto il resto non conta, soprattutto se devi scegliere se salvare la vita o no a chi ha bisogno di strumenti salvavita costosi e assicurati solo ai “cittadini più performanti”, in termini economici naturalmente.
In una realtà in cui chiunque può costruirsi un arsenale personale in casa, e in qualsiasi momento uscire di casa imbracciando un arma automatica per entrare in un college, un outlet, un centro commerciale, un teatro e fare una strage.
Come poter chiedere ai cittadini di rinunciare alla libertà di disporre a piacimento della vita altrui, per salvare l’Altro puntato nel mirino?
Può una società in cui la prima domanda ad uno sconosciuto per presentarsi è “quanto guadagni all’anno?” recuperare la dimensione del Noi per mettersi in quarantena ordinatamente e affrontare l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19?
Come sta reagendo il sistema capitalistico selvaggio statunitense alla possibilità di esplosione del contagio da CORONAVIRUS?
Dall’annuncio della possibilità di recessione per l’imminente pandemia, fatto da Trump, in una settimana si sono persi 3 milioni e 280 mila posti di lavoro.
Mai nella storia delle grandi depressioni statunitensi si era mai andati oltre le 700.000 richieste di sussidio per disoccupazione.
Nel corso della Grande recessione del 2009 seguita al crollo finanziario innescato dal fallimento della Lehman Brothers Holdings Inc, nella settimana peggiore furono persi 665 mila impieghi.
Il record di disoccupazione nel 1982 fu di 695.000 disoccupati.
Un gigante dai piedi di argilla si sta ripiegando su se stesso.
Il governatore di New York, Andrew Mark Cuomo, chiede all’amministrazione federale spiegazioni sui 400 respiratori che dovranno rispondere agli attesi 30.000 morti da CORONAVIRUS, affermando che dovranno dare spiegazioni e vergognarsi per la forzata scelta da fare su chi salvare e chi lasciar morire.
Perché alla base di tutto ciò ci sono scelte politiche determinate da visioni di “selezione della specie” in merito alla direzione da dare agli investimenti per rispondere alla pandemia.
Non sarebbe certo un problema di risorse economiche, ma fondamentalmente tutti i vari stati stanno dettando linee guida che ricordano il film “Non si uccidono così anche i Cavalli?”.
NON SI UCCIDONO COSÌ ANCHE I CAVALLI?
Regia: Sydney Pollack. Con Bonnie Bedelia, Bruce Dern, Gig Young, Jane Fonda, Michael Sarrazin, Red Buttons. Anno: 1969
Come nel film, anche ora, vince chi riuscirà più a lungo a rimanere in piedi, ma alla fine si scopre il grande inganno e la protagonista chiederà al suo compagno di ucciderla, tanto non è vita comunque.
Una maratona di danza che è un’allegoria della vita: durante la grande crisi del 1929, un gruppo di disperati cerca di guadagnare qualche soldo partecipando a questa gara che, sotto un’apparenza festosa, è in realtà massacrante.
Una ragazza si rende conto dell’inutilità del tutto e chiede al suo partner di spararle, come si fa a un cavallo con la zampa spezzata.
Come la storia tratta dal romanzo di Horace McCoy. siamo di fronte alla capitolazione del sogno americano, crudele menzogna che nasconde una realtà senza scampo.
La recensione proposta sul sito Debaser riassume perfettamente la terribile realtà che va a delinearsi in relazione alla “gestione” dell’emergenza virus, come se l’estrema prova a cui sono costretti a rispondere, a causa dell’emergenza sanitaria, facesse da detonatore alle contraddizioni insite nella visione dell’essere umano da parte dei “governatori” dei vari stati federati.
Il film è un affresco che dipinge una società impietosa nei confronti dei più deboli, che per vivere e mangiare sono costretti a esibirsi come animali in un primitivo reality show in cui la loro dignità è cancellata totalmente e servono solo come fenomeni per il baraccone e a nutrire i gusti sadici del pubblico.
Fredda anticipazione della realtà contemporanea, con le doverose differenze, si parla in questo film di reale disagio e drammatiche condizioni di vita, l’uomo è portato a fare tutto pur di tentare di uscire dalla miseria e abili approfittatori senza scrupoli sono sempre in agguato per specularci sopra.
In fondo è una lotta per vivere, i più furbi e forti schiacciano e usano i miserabili per i loro fini, ma quello che emerge alla fine è solo un profondo senso di tristezza e rassegnazione che non salva nessuno.
Il titolo si rifà alla uccisione dei cavalli che riportano fratture agli arti (incurabili per un animale che vive quasi sempre in piedi), è per essere capito bisogna seguire nel film la disperata gara della protagonista, interpretata da una bravissima Jane Fonda; che ha bisogno del premio per sfuggire al suo misero destino e che alla fine si ritroverà senza speranza, distrutta dall’estenuante gara e dopo tanto dolore chiederà al compagno di compiere un ultimo gesto disperato.
Siamo di fronte allo stesso drammatico copione.
E il quesito allora a cui rispondere si riduce a questo “su quali basi scegliere chi attaccare a un respiratore e chi no?”.
Alcune linee guida iniziano a essere esplicitate dai governatori degli stati più colpiti dal CORONAVIRUS e sono inquietanti.
In Tennessee le persone affette da atrofia muscolare spinale verranno «escluse» dalla terapia intensiva, in Minnesota saranno la cirrosi epatica, le malattie polmonari e gli scompensi cardiaci a togliere ai pazienti affetti da Covid-19 il diritto a un respiratore.
Il Michigan darà la precedenza ai lavoratori dei servizi essenziali e nello Stato di Washington, il primo a essere colpito dal coronavirus, così come in quelli di New York, Alabama, Tennessee, Utah, Minnesota, Colorado e Oregon, i medici sono chiamati a valutare il livello di abilità fisica e intellettiva generale prima di intervenire, o meno, per salvare una vita. (come racconta sull’Avvenire Elena Molinari da New York ) “L’Alabama è il caso più eclatante: nel suo documento intitolato Scarce Resource Management sostiene che i «disabili psichici sono candidati improbabili per il supporto alla respirazione”.
Lasciando ampio margine di decisione e interpretazioni ai medici sulla valutazione del “valore” “economico” della vita da salvare o meno.
Ma come nel film citato si arriva al concorso a premi, mettendo i pazienti di fronte alla scelta su chi salvare o meno. In una tragica, in questo caso, politica di “gestione delle risorse”.
Una regola è presente in quasi tutti i documenti di gestione delle risorse, appunto.
La chiamano “la regola d’oro”.
Viene chiesto al paziente di dichiarare il proprio “maggior valore che può rappresentare per la società americana” nel caso si dovesse scegliere uno strumento di salvavita tra i pazienti in una situazione di scarsità dello stesso.
Per lasciare a chi potrebbe aver più successo di arrivare alla fine della maratona della vita con più successo e vantaggio per la società Americana.
America First: anche di fronte alla possibilità di salvare o meno una vita.
Nel rispetto della necessità di assicurare al paese le migliori risorse “economiche”.
Questa è la realtà del sogno americano arrivato a fine corsa.
Non si uccidono così anche i Cavalli?
economia
/e·co·no·mì·a/
sostantivo femminile
L’impiego razionale del denaro e di qualsiasi altro mezzo, diretto a ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio.
La Vita negli States altro non è che un “qualsiasi altro mezzo”.
Giovanni Tommasini
Bravo giovanni ma gli americani sono stati sempre così. Il fatto stesso che non abbiano sanità per tt gratuita pensioni per tt. Significa solamente che la popolazione meno abbiente e destinata a soccombere in una sorta di eutanasia ad ogni recessione e solo il RICCO VINCE. Brutte parole ma il concetto è questo.