GUNS & CORONAVIRUS, VINCE CHI SA PERDERE
Questa volta il nemico è difficile da mettere a fuoco nel mirino di un fucile automatico .
Trump dichiara a borse aperte che gli Stati Uniti sono di fronte alla possibilità di una recessione economica e l’indice Dow Jones va a picco.
Il coronavirus si sta evidenziando un fattore di deflagrazione di ogni tipo di contraddizione non risolta, ad ogni livello di complessità delle relazioni umane, sociali, economiche e politiche.
È di questi giorni la notizia dell’esplosione dei maltrattamenti tra le mura domestiche, nella misura in cui si è costretti ad una convivenza non più indifferente e basata su silenzi ed evitamenti, tregue armate che ora sono di fronte ad una forzata resa dei conti.
Senza parole, si passa alle mani, in assenza di un dialogo, la tensione sale…
Così salendo di livello e complessità, la risposta alle domande inespresse viene a delinearsi come una possibilità di entrata in un logica di conflitto.
L’Italia ha nel suo DNA il compromesso, la ricerca del pareggio, tutti vinti, ma anche un po’ vincitori.
La costituzione italiana è la massima espressione della vittoria della logica del compromesso.
La nostra salvezza è la predisposizione alla riflessione, il confronto al posto dell’affronto, la condivisione al posto dell'”imposizione.
Anche nella drammatica realtà di questa emergenza sanitaria, ciò che è emerso del” sistema Italia ” è l’utilizzo del dialogo, in senso stretto «conversare, discorrere» composto da dià, “attraverso” e logos, “discorso”, il coraggio di una presa di coscienza del pericolo incombente.
Proprio come i nostri padri costituenti che ebbero il coraggio di affrontare innumerevoli prove tra cui un’emergenza nazionale, un dopoguerra tutto da inventare, soffrire, affrontare, con un respiro strategico tale da trasformare il pericolo da esorcizzare, in un’occasione di crescita comune.
La salvezza sta nel centrocampo, in una dimensione spazio-temporale di elaborazione, in cui ci si scontra, si mettono in prima linea i mediani, i combattenti, per poi passare ai trequartisti, al pensiero, all’elaborazione di un gioco, in un equilibrio instabile tra tattica e strategia.
L’Italia sta procedendo nella difficoltà, cercando giorno dopo giorno la sintesi nella tensione tra la vita e la morte.
Non c’è solo un unica possibilità per impostare una vita, vincere o perdere, In mezzo c’è un percorso da costruire e da vivere e alle volte non vince chi vince, e non perde chi perde. Dipende da come ci arrivi alla vittoria e alla sconfitta e di cosa ne fai alla fine.
Stanno vincendo i paesi e le popolazioni abituate a perdere o meglio ad accettare la possibilità di essere di fronte ad un elemento di realtà da rispettare, con il quale non è possibile competere.
Cina, Corea, Italia, le realtà più colpite, popolazioni che hanno dovuto immediatamente fare i conti con la realtà, popolazioni che sanno cosa sia il dramma, la sofferenza, che sanno confrontarsi con la sconfitta ed il sacrificio.
Che in gran parte hanno elaborato il proprio passato, che hanno portato alla consapevolezza le ferite ancora laceranti che la memoria della propria storia porta con sé.
Le leadership di questi popoli hanno avuto il coraggio, dettato da una sapienza culturale profonda nonché da una assunzione di responsabilità derivante le proprie radici storiche e culturali, di chiedere da subito sacrificio e umiltà.
Accettando la possibile sconfitta, affrontando e accettando un nemico ineluttabile in breve tempo e con risposte immediate e impopolari in prima battuta.
Accettando la complessità e la fatica delle risposte da dare.
Ora andiamo a analizzare le altre risposte, quelle di quei paesi che si ritengono “vincitori” per natura, per una sorta di “narcisismo di stato”.
Quali sono le due prospettive tipiche della dinamica narcisistica.
Svalutazione e grandiosità.
In questo caso due atteggiamenti che stanno determinando la fine di ogni “grandeur” ribaltando equilibri politici, economici, sociali.
Germania, Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Olanda, tutti schifati dal comportamento dell’Italia.
Grandiosità e svalutazione.
E ora terrorizzati dal tempo perso, con la sensazione di essere arrivati a prendere consapevolezza del nemico ineluttabile fuori tempo massimo non avendo in loro l’umiltà per riconoscerlo non appena si fosse presentato.
O si vince o si perde, ma non è possibile, per costoro, perdere.
Gli States rappresentano la massima espressione del “narcisismo di stato”.
Condannati dalla loro storia, dal loro peccato originale.
Nati sulla strage orribile dei nativi americani, in assenza di un dialogo, il DNA dell’America più profonda è fatto di violenza e eliminazione o soverchiazione del più debole, della vittoria senza tante parole e discussioni, dell’eliminazione senza se e senza ma di chi non ha la tecnologia più avanzata, le armi, l’esplosivo, contro le frecce.
È il DNA razzista, di prevaricazione del più forte sul più debole.
E disperatamente la risposta di questi giorni al nemico invisibile e sentito come senza possibilità di competizione, è l’assalto alle armerie.
È nel loro DNA. Nessun dialogo, ma tante pallottole.
La ricerca spasmodica e disperata di un nemico, gli attacchi paranoici di Trump ai cinesi, l’aggressività su ogni campo rivolta verso un Altro ha attirato un Altro simile e uguale.
Il VIRUS.
Dalle stragi uscendo di casa abbracciando un fucile a pompa o un’arma automatica, a Trump che dichiara guerra a chiunque, Messicani, disabili, donne, Cinesi, nativi americani, chiunque possa rappresentare un limite al suo desiderio di dominio e controllo su tutto e tutti, il passo è naturale.
L’assenza di un dialogo con i cittadini, un dialogo che si esprime anche con l’assicurazione a tutti di un servizio di sanità pubblica.
Le armi libere e l’assenza di un servizio di salute mentale pubblica, la mancanza di uno stato sociale.
In questo vuoto si sono verificate le stragi nei college, nei centri commerciali, ai concerti, da Colombine, a Las Vegas.
America first. Grandiosità e svalutazione.
Il vero nemico è in se stessi, e nell’America più profonda, quello del fucile in casa pronto a sparare allo sconosciuto, Il problema è che lo sconosciuto altro non è che il proprio essere meschino e spietato.
Chi non elabora il proprio passato, non può che ripeterlo, Trump è la dimostrazione di ciò. Non ha voluto accertare la realtà, cioè il declino degli USA negli equilibri economico politici mondiali.
Si è ostinato in una politica di cancellazione del nemico, visto in chi stava dimostrando un potenza mondiale superiore, la Cina.
Tutto sta tornando indietro, e gli Stati Uniti non possono che rivivere e ripetere il proprio passato.
Il coronavirus sta mettendo ognuno di fronte alla propria storia.
Che sta determinando il destino delle diverse risposte alla sicura sconfitta e all’eventuale possibilità di vittoria.
Perché in questo caso, pare, che vince chi sa perdere.
Giovanni Tommasini