BRANDON LEE, LA SORTE DI UN’ARTISTA MALEDETTO
Essere figli d’arte non sempre è una cosa semplice: tra i tanti che scelgono una vita agiata fatta di comodità nonostante la nomea del raccomandato, molti faticano a portare il peso del nome dell’illustre genitore. Questo perchè tutti si aspettano che possano raccoglierne l’eredità e replicare quanto fatto da loro, senza prendere in considerazione che c’è chi desidera intraprendere tutt’altra strada.
In questo ambito molto significativa è la storia di Brandon Lee, primogenito di Bruce, indimenticato attore ed artista marziale. Quando quest’ultimo morì, nel 1973, Brandon aveva otto anni quando dovette far fronte al primo grande lutto della sua vita. Dopo una turbolenta carriera scolastica decise di seguire la sua inclinazione per la recitazione, dando anche una continuazione allo studio delle arti marziali che aveva intrapreso sotto gli insegnamenti paterni.
Questo fece si che gli vennero affidati diversi ruoli in film di arti marziali, nei quali Brandon ha avuto modo di fare sfoggio delle sue abilità, caratterizzato da uno stile fluido e diretto che di discosta di molto da quello degli altri film dello stesso genere del periodo. Quello che però gli dava profondamente fastidio era essere ricordato come il figlio di Bruce Lee e solamente per le sue abilità marziali. Era diverso da suo padre e voleva dimostrarlo a tutti i costi.
L’occasione di interpretare Eric Draven nel film di Alex Proyas Il Corvo del 1993 gli permise di mettere in mostra e consolidare il suo talento attoriale, dimostrando di essere molto di più di una star da film d’azione. L’immagine del personaggio dal volto dipinto di bianco che fa da tramite tra il mondo dei morti e dei vivi rimarrà per sempre legata a quella di Brandon Lee, che al di là delle varie supposizioni e teorie del complotto riguardanti la sua prematura e tragica morte rimane l’eterno sacrificio di un ragazzo che voleva solo dimostrare di essere diverso dal suo celebre padre la cui vita è stata spezzata troppo presto. L’ennesima riprova che alla vita non manca un macabro senso dell’ironia.