IL DOVERE MORALE DI MANDARLI A… ZAPPARE

E’ da qualche tempo che non scriviamo più considerazioni su questo governo, neanche l’inadeguatezza di Toninelli era riuscita a smuoverci dalla nostra letargia politica ed i fatti quotidianamente riportati dai media ci apparivano come sfuocate scene di un film dell’orrore o peggio di una tragicomica commedia.

Nausea e disgusto ormai sono le nostre sensazioni dominanti, lo sdegno ha lasciato il posto ad una impellente e prepotente necessità di costruire un rifugio sacro in difesa degli elementari valori umani che ogni giorno vengono schiacciati dal populismo e dall’ignoranza.

Vedere il ministro degli interni o un qualsiasi membro del governo in televisione ci suscita un immediato desiderio di vomitare, i miasmi nauseabondi che si diffondono dalla loro demagogia sono intollerabili.
Le masse purulente di ignoranti e collusi, stretti gomito a gomito in cerca di un selfie con il potente di turno, osannanti, cieche e sorde, completamente orientate in una visione egoistica della realtà, scevre di ogni capacità critica e conoscenza storica ci fanno letteralmente schifo.

Quando però leggiamo del decreto di Genova non possiamo più trattenerci, come una ciliegia sulla torta questo decreto è la rappresentazione palese del senso pericoloso ed alterato di giustizia che questi folli usano quotidianamente come linea guida politica e morale.
Un decreto che se avessero avuto un minimo di dignità (non il reddito, ma il valore morale) avrebbero chiamato decreto Ischia.
E’ proprio di Ischia infatti che questo decreto, nelle sue pieghe e intricati meandri nascosti ed occultati, si occupa.

In barba alle promesse dei giallo verdi, senza colpo ferire hanno intavolato un bel condono tombale per gli immobili abusivi di Ischia.
Un segnale chiaro da parte della dirigenza del paese, un segnale che esprime inequivocabilmente quel senso di ammiccamento verso il malcostume e verso l’ambiguità fiscale ed istituzionale.
Voti a tutti i costi anche a scapito di tutte le promesse elettorali che hanno portato questi mentecatti al potere.

Voti di scambio, favori, coccole e moine, tutto in nome di una poltrona e dei benefici che ne derivano.
Tutti aggrappati come scimmie perverse all’albero della cuccagna, divorano succulenti frutti e defecano sul popolo le loro infauste deiezioni.
Tagliare, rottamare, annullare, parole d’ordine dalle neppur troppo vaghe reminiscenze Robespierriane.
Tagli che ci stanno portando verso un abisso di povertà ed inadeguatezza sia da un punto di vista economico che infrastrutturale.

Opere quasi completate bloccate, trasporti nel caos, un devastante senso di ottundimento derivante da decreti e leggiucole più simili a barzellette che ad opere di pensatori e giuristi.
Se di tagli si vuol parlare ebbene, che sia tagliato il ramo su cui, infami, si appollaiano queste upupe portatrici di sventura.

 

Christian Longatti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »