MARILYN MANSON E L’IPOCRISIA PERBENISTA DELLA BEAUTIFUL PEOPLE
Quando si pronuncia il nome di Marilyn Manson la maggior parte delle persone pensa subito ad uno stralunato personaggio con delle strane lenti a contatto, vestiti di pelle neri e satanismo. Questo perché l’oscurantista macchina del perbenismo ha alimentato negli anni la convinzione che la rockstar americana sia un indefesso satanista intento a divulgare il messaggio del Signore degli Inferi attraverso i testi delle sue canzoni. Per anni Manson (la rockstar) è stato oggetto di una delle più massicce e pericolose gogne mediatiche messe in campo dalla società americana. Quella stessa società che si indigna per una parolaccia all’interno del testo di una canzone ma che vende le proprie armi in una corsia dei supermercati tra barattoli di burro di arachidi e bombolette di formaggio spray. Quando nel 1999 ebbe luogo il massacro della Columbine High School l’opinione pubblica statunitense era alla ricerca delle motivazioni che spinsero i due autori della strage Eric Harris e Dylan Klebold a rendersi protagonisti di quell’efferata carneficina. Le associazioni cristiane conservatrici puntarono subito il dito contro l’industria musicale, in particolare modo verso i gruppi heavy metal come i Rammstein. Naturalmente venne tirato in ballo anche lo stesso Marilyn Manson, accusato di essere stato responsabile del comportamento dei due killer a causa dei contenuti delle sue canzoni e del suo look. Proprio durante il periodo in cui la rockstar era al centro di queste aspre critiche continuò ad esprimere il suo disappunto nei confronti dei media e da li la sua fama crebbe. Nessuno si soffermò ad analizzare le dichiarazioni che lo stesso Manson rilasciò in una intervista rilasciata tempo dopo la strage allo scrittore Chuck Palahniuk, il quale gli domandò che cosa avrebbe detto ai due assassini: “Non avrei detto loro niente. Avrei semplicemente ascoltato che cosa avevano da dire, cosa che nessuno ha fatto”. Da questa dichiarazione traspare come Manson sia una maschera, un personaggio che calca il palcoscenico e che vende i dischi ma che è decisamente una cosa ben diversa rispetto alla figura di anticristo che gli hanno costruito attorno. In tempi recenti i danni dell’ipocrisia perbenismo ha continuato a fare notizia in casa nostra quando il cantante ha fatto tappa a Verona. Alcune associazioni cattoliche della città scaligera, piombata improvvisamente in una regressione medievale, organizzò delle sedute di preghiera di emergenza per cercare di salvare la città dall’alone malefico portato dal concerto della rockstar. Come se questo non fosse stato abbastanza, si è raschiato il fondo del barile quando Manson è stato invitato come ospite alla trasmissione Music, trasmessa lo scorso dicembre su Canale Cinque e condotta da Paolo Bonolis. Il padrone di casa, dopo aver introdotto l’ospite con il suo stile perennemente oscillante tra il serio e il faceto, accoglie la rockstar in studio. Saluti di rito, sorrisi di pragmatica. La presenza in trasmissione di alcuni fan italiani di Manson, inquadrati più volte dalla regia con il preciso scopo di farli passare per quelli strani e “plagiati” da Manson, da lo spunto all’artista per sottolineare come tutto quello che si vede di Marilyn Manson non sia altro che la maschera di un personaggio che fa parte di un gioco ben preciso. Un gioco non capito da una grande maggioranza di persone e che da fastidio a molti, i quali sono le stesse persone che quando viene indicata loro la Luna si soffermano a guardare il dito anziché cogliere l’insieme della celestialità della scena. Una bella occasione persa per cercare di capire meglio i retroscena di una delle più controverse e chiacchierate rockstar del panorama musicale internazionale per colpa dell’ipocrisia perbenista della beautiful people che, quando ben radicata, non conosce bandiera.
Hank Cignatta