LA MORTE è SEMPRE (In)DEGNA
Si fa un gran parlare in questi giorni dell’assassino Salvatore Riina detto Totò .
Il poveretto ha ormai una certa età ed afflitto da numerosi malanni si appresta a la lasciare questa valle di lacrime che egli stesso ha contribuito a creare con ogni mezzo a sua disposizione.
La sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione ha previsto che egli possa fruire delle cure adeguate alla sua condizione fisica all’esterno del carcere al fine di garantirgli una dignitosa dipartita.
Il che ovviamente prevede una camera in un ospedale di stato, assistenza, farmaci, trattamenti, e poi inevitabilmente prevederà che lo stato si sobbarchi anche i costi della tumulazione del morente Totò.
Che ironia, che vergogna.
Se credessi in un aldilà spererei che le anime dei poveretti da lui barbaramente eliminati potessero rivalersi sullo spirito del maledetto assassino infliggendogli tormenti eterni ed immane dolore.
Dato che però l’aldilà non è affar mio devo contenermi e limitarmi a fare un paio di considerazioni.
E’ giusto che il pluriassassino Totò goda dei benefici di una morte assistita come per tutti noi? certo che si rispondo senza dubbio alcuno!
Una morte che preveda esattamente quello che spetta a noi mentecatti, escusi volutamente o meno dal vippismo e dal leccaculismo politico, dall’associazionismo, dalle amicizie altolocate, dalla corruzione e dalle menate amate dai potenti.
Una morte che preveda giorni di degenza in una barella in corsia, privi di assistenza e dimenticati da medici e preti, pisciandosi addosso senza che alcuno si preoccupi di rivolgerci nemmanco un infimo saluto.
Sputando sangue, coperti di feci, attorniati dall’odore della morte che sopraggiunge con infiniti dolori, senza farmaci ad alleviare la sofferenza, abbandonati da tutto e da tutti.
Ebbene, che ottenga di buon grado questo trattamento, per lui è quantomai adatto e degno.
Ma se si prevederà per questo criminale un differente e più umano trattamento, possano i fulmini annientare colui che ha preso questa decisione, indegno egli d’esser ritenuto uomo.
Che muoia nella merda, a lui così affine.