I PROCOL HARUM E QUEL SOUND CHE HA FATTO INNAMORARE UNA GENERAZIONE
Mi ricordo che la prima volta che lessi il nome dei Procol Harum ero piccolo. Avrò avuto non più di sei anni e, con la frenetica curiosità tipica dei bambini, mi mettevo a rovistare nei mobili dei miei nonni materni in cerca di qualcosa che mi intrattenesse. Rimanevo sempre affascinato da quei strani aggeggi di plastica dura, di piccole dimensioni, con un buco al centro. Ai miei occhi sembravano dei frisbee da lanciare lontano. Oggetti buoni per impiegare la mia fanciullesca curiosità, che puntualmente si focalizzava sulla copertina dove veniva riposto quello strano oggetto. Con il tempo imparai che quello era un 45 giri e che era in grado di trasmettere emozioni uniche che la versatilità della musica digitale non è in grado di trasmettere. Guardavo sempre quella copertina, tenuta insieme da un pezzo di scotch ormai giallo e logoro, dove erano rappresentati cinque individui dalle pettinature e dagli abbigliamenti appariscenti. Quel 45 giri conteneva il brano che ha permesso ai Procol Harum di avere successo presso il grande pubblico, ovvero l’intramontabile A Whiter Shade Of Pale, uno dei più grandi successi della band e della storia del rock. Il brano, nato per caso, presenta la sovrapposizione del basso del secondo movimento della Suite per orchestra n. 3 di Bach e una melodia estrapolata da un opera di un compositore teutonico. Furono i primi a lanciarsi in una fusione tra generi diversi quali il rock e la musica classica, che eseguita grazie all’organo Hammod filtrato dagli altoparlanti Leslie rende quelle note uniche ed inconfondibili. Un brano unico e senza tempo, in grado di essere la colonna sonora di tanti amori sbocciati nell’arte ormai desueta dei balli lenti. La storia dei Procol Harum si intreccia in maniera univoca anche con quella del nostro Paese. Grazie al successo dei Beatles ben presto scoppiò la prima British Invasion, ovvero la mania per tutto quello che aveva provenienza albionica. In quel periodo gruppi quali i The Primitives di Mal e i The Rokes di Shel Shapiro sono gli esempi più famosi dell’italica voglia di emancipazione. A White Shade Of Pale venne pubblicata nel 1967 e in Italia venne ascoltata da Mogol, il quale nota un grande potenziale commerciale in questo brano. In quel periodo il paroliere lavorava per la Dischi Ricordi e decise di scrivere un testo completamente diverso rispetto alla versione originale scritta dal gruppo britannico, intitolato Senza Luce suonato e portato al successo dai Dik Dik, che in breve tempo raggiunge il primo posto in classifica per diciassette settimane consecutive. Nello stesso periodo anche la versione originale riscuote un ottimo successo, permettendo di consolidare la fama della band britannica presso il pubblico italiano. Il successo dei Procol Harum da noi continua anche dopo A Whiter Shade Of Pale con il brano Homburg, il quale sarà oggetto di una versione italiana intitolata L’ora dell’amore incisa dai Camaleonti. Nel 1968 incidono Il Tuo Diamante, cover di Shine On Brightly, a testimonianza del rapporto speciale tra i Procol Harum e il pubblico nostrano. Gli anni Settanta per il gruppo rappresentano una fase di transizione, che vede il successo di band esponenti del progressive rock britannico del calibro di Genesis, Yes, King Crimson e Emerson, Lake & Palmer. Per i Procol Harum segue un periodo di alterne fortune, con la pubblicazione di lavori che permettono loro di rimanere in auge fino alla decade successiva. Gli anni Ottanta vedono l’avvento e la diffusione del punk rock, che di fatto taglia fuori il gruppo inglese che, di fatto, ha un sound che risulta fuori moda e legato ad un periodo ormai desueto. Negli ultimi anni il gruppo torna nuovamente ad esibirsi e ad incidere nuovi dischi che, però, non ottengono i fasti del passato e che non impressionano in senso positivo quella stampa specialistica che spesse, troppe volte ignora i nomi e l’operato di quelle band in grado di riassumere una parte di storia importante del genere stesso di cui sono diventati, nel tempo, storici pilastri di un sound comunque ricercato e apprezzato per le sue particolarità.
Hank Cignatta