OPERAZIONE NOSTALGIA, QUANTO SI STAVA BENE QUANDO SI STAVA PEGGIO
Guardandosi un po’ in giro l’andazzo sembra quello. La sensazione è che si stia vivendo una sorta di rassegnazione culturale secondo la quale tutto quello che c’era e che si faceva prima era decisamente meglio rispetto a quello che si può fare oggi. Con tutte le dovute eccezioni del caso, molto probabilmente questo è un discorso che può stare in piedi per determinate dinamiche o situazioni. Ma non eccessivamente per tutto. Per non parlare poi di quello che accade sui social network, preoccupante termometro dei tempi moderni. La tv generalista, da parecchio tempo ormai a corto di idee, tenta disperatamente di aggrapparsi a qualsiasi idea pur di rimanere a galla e dichiarare ufficialmente l’ora del suo decesso. Adattandosi a tutto ciò che può attecchire in una società che (pare) non conoscere l’ormai antico e sempre valido concetto di curiosità intellettuale. Non bisogna essere dei raffinati studiosi della filosofia kantiana per comprendere che la televisione sta dando in pasto ai luminosi schermi televisivi italiani della purulenta spazzatura, avendo il potere taumaturgico di impiattarla come la portata più pregiata di un menù che non entusiasma più. Dando retta alla situazione che da diverso tempo dilaga sulla Rete e sui social network, dove blog e pagine dedicate al revisionismo degli anni Ottanta e Novanta spopolano, ecco che la televisione sdogana ufficialmente la sua operazione nostalgia. La settimana scorsa, infatti, è stata trasmessa su Italia Uno nella prima serata di mercoledì la prima puntata di 90 Special. Un programma che tenta di ripercorrere il meglio degli anni Novanta attraverso filmati d’archivio, personaggi e oggetti che hanno reso famosa quella decade. Facendo leva sul motto che negli ultimi tempi è diventato una sorta di leitmotiv tra i trentenni di oggi (ma che ne sanno i duemila), molto probabilmente l’intento di questo programma incentrato sul revisionismo è di far conoscere i 90’s ai piselli di oggi. Ma che cosa dovrebbero farsene esattamente le nuove generazioni di sapere come ci si divertiva, vestiva e moriva negli anni Novanta? A quanto pare siamo diventati così culturalmente poveri da dover mettere sotto una campana di vetro espositiva tutto ciò che è stato in grado di trasmettere qualcosa alla gente. In tempi in cui tutto è così talmente veloce da non poter neanche capire che cosa sia il vero messaggio o il significato di una determinata cosa, pare che non ci rimanga altro da fare che vivere di ricordi. E in fin dei conti, si stava veramente meglio quando si stava peggio? Sotto alcuni aspetti probabilmente si. Ma spesse volte a rimanere rilegati nei propri ricordi ci si dimentica di vivere il presente, che non migliora di certo di un post o di un tweet alla volta.
Hank Cignatta