E SE AVERE UNA PROPRIA OPINIONE FOSSE IL VERO SCANDALO?
Un mal di stomaco fortissimo. E’ questa la sensazione che provo in questo periodo su diversi fronti della vita di tutti i giorni. Un mal di stomaco fortissimo che non ne vuole sapere di accennare a placarsi e che nessun antiacido sembra in grado di far passare. Il vero motivo di questo malessere è da ricercarsi in due grandi fattori che stanno, purtroppo, alla base dell’attuale modo di intendere la stragrande maggioranza delle cose del nostro quotidiano. Uno è il terribile pressappochismo sul quale si basa la nostra società, dove la regola del “meno faccio, meglio sto e che mi frega di tutto il resto” regna incontrastata e sovrana. Non importa che ci si rechi in un qualsiasi negozio a fare qualsiasi tipo di acquisto o all’ufficio postale per la commissione di turno. Il risultato sarà sempre lo stesso: un muro di menefreghismo sul quale impatterà (dolorosamente) una qualsiasi intelligenza nella media. Situazioni al limite del paradossale, dove scene di fantozziana memoria diventano più attuali che mai a distanza di ere geologiche, lontane solo a livello temporale ma identiche per modus operandi. La dipendente dell’ufficio postale che prende la tua raccomandata, guardandoti con l’espressione di chi ti fa un favore. O il commesso del negozio di turno che, alle tue legittime domande sul determinato prodotto, ti guarda come se avessi sodomizzato il suo gatto. e che si gira anche scocciato. La seconda grande rovina dei nostri giorni è il pericoloso perbenismo di facciata, di cui si è parlato numerose volte qui sulle colonne virtuali di Bad Literature Inc. Questo è un male che quotidianamente va a scardinare anni di conquiste e battaglie sociali che erano diventate una certezza nell’immaginario collettivo ma che, con il tempo, sono state messe in discussione da persone che non sono in grado di tenere in ordine neanche la scrivania della propria camera. Ed è proprio questo secondo e pericolosissimo fattore che sta spingendo l’Occidente verso l’oblio della più irritante delle stupidità. Gli effetti più devastanti di questo perbenismo di facciata (applicato dai missionari della filosofia predico bene ma razzolo decisamente molto male) si possono vedere in questi giorni in merito alla questione degli scandali sessuali ad Hollywood. Dopo il caso Weinstein, di cui molto si è parlato e i cui strascichi polemici stanno animando rotocalchi di gossip e opinione pubblica, qualcosa è effettivamente cambiato. Sembra che ad Hollywood ( e più in generale nel mondo) sia abbattuto improvvisamente lo Spirito Santo, in grado di convertire scatenate peccatrici da competizioni nelle più pie delle attrici che abbiano mai solcato il suolo dell’Industria dei Sogni. Appurato che Harvey Weinstein abbia dei seri problemi a relazionarsi con persone del sesso opposto, oramai ha donato le proprie generalità alla scoperta di una determinata parafilia sessuale che verrà studiata dalle future generazioni di psicologi come lascito di questi tempi incerti e privi di reali stimoli creativi. Si, perché nello stesso periodo in cui i processi si fanno in tv e non nelle aule di tribunale e dove a giudicare i colpevoli sono i programmi di intrattenimento trasmessi in prima serata in televisione (senza usare un briciolo di reale competenza giornalistica, data la portata della presunta notizia) significa che qualcosa non funziona. Dopo la presa di coscienza dell’opinione pubblica riguardo il caso degli scandali sessuali, il movimento di protesta Time’s Up ha sfilato sul red carpet della 75° edizione dei Golden Globes. Attrici e persone dello spettacolo si sono presentate vestite di nero in segno di protesta nei confronti delle molestie sessuali. Una situazione che, da potenziale arma per denunciare gli oscuri retroscena di un ambiente che per anni si è finto di non vedere, è diventata una sistematica caccia alle streghe. O meglio, al (p)orco. Più è altisonante il nome del personaggio del giorno accusato di molestie, più la notizia ha risalto venendo sbattuta in prima pagina. La tattica dello sbattere il mostro in prima pagina a tutti i costi ha sortito nel tempo un effetto decisamente contrario. Quelle poche persone dotate di raziocinio si sono messe ad analizzare le situazioni e hanno partorito un proprio pensiero libero ed indipendente che va per forza di cosa controcorrente. E di questi tempi non sia mai che qualcuno possa mettersi a formulare un pensiero di senso compiuto, lontano da preconcetti creati apposta per essere calzati e condivisi senza un briciolo di cognizione di causa. Ma è realmente tutto uno scandalo sessuale ciò che i media riportano? A tal proposito in Francia si è levata una voce (dai toni decisamente diversi rispetto a quella che sta dilagando ad Hollywood) che ha deciso di andare controcorrente. Se le cose (pare) stiano realmente cambiando e che si stia vivendo un periodo storico di grande cambiamento all’interno del mondo dello spettacolo internazionale, una più che legittima voce fuori dal coro non poteva che fare più rumore di una deflagrazione atomica. Ecco quindi che sulle pagine del quotidiano francese Le Monde compare qualcosa di più di un semplice articolo che cerca di sviscerare le reali motivazioni che hanno portato al successo del cosiddetto movimento #MeToo. Un vero e proprio manifesto, firmato da circa cento tra artiste e accademiche d’oltralpe, che vanno controcorrente rispetto a quando affermato da chi grida (spesso troppo presto) allo scandalo sessuale. Tra le firmatarie più famose di questo manifesto che è diventato una voce fuori dal coro (e destinato a far discutere) vi è anche la famosa attrice francese Catherine Deneuve. L’attrice transalpina, considerata fin da subito la voce più celebre di questo manifesto del libero pensiero, accusa senza troppi giri di parole colpo che hanno appoggiato la diffusione del movimento #MeToo, affermando di essere colpevoli di aver creato un clima sfavorevole nei confronti del genere maschile, diventando così troppo intransigenti e puritane nei confronti della relazione sentimentale e sessuale tra uomo e donna. Un documento che si smarca con fermezza dalla corrente accusatoria che da diversi mesi vige tra gli studi cinematografici di mezzo mondo. Dal perentorio titolo “Difendiamo la libertà di infastidire, indispensabile alla libertà sessuale”, la lettera ha fin da subito suscitato un vespaio di polemiche. Tante quante ne ha creato lo stesso caso degli scandali sessuali. E come prevedibile anche i media italiani si sono divisi circa il contenuto del manifesto il giorno stesso della sua pubblicazione. Pareri contrastanti, che però allontano di parecchio l’attenzione su quello che è uno degli scopri principali, se non fondamentali, della diffusione del documento. Nella nostra società con grandi velleità di emancipazione, ma ancora ancorata ad antichi pregiudizi e preconcetti, si è persa la giusta dimensione nel quale collocare persone e situazioni. La mezza misura è ormai un concetto quasi estinto, una parola desueta dal suono ormai antico. Ecco quindi che una presa di posizione personale, magari diversa da un pensiero comune che vuole tutti accomunati sotto una sola idea predominante, è il vero scandalo all’interno dello scandalo stesso. In tempi in cui la tecnologia fa passi da gigante, l’Uomo sogna di poter mettere piede su Marte e ci si batte affinché tutti abbiano pari equità e diritti a quanto pare è avere un proprio pensiero ed andare concorrente a fare realmente notizia. Ma a furia di catalogare come molestia un semplice saluto rivolto da un ragazzo ad una sua coetanea, si corre realmente il rischio di veder ben presto persone che si scelgono virtualmente senza che ci sia il piacere di un’approfondita ed umana conoscenza reciproca. In questo caso la repressione farebbe decisamente molti più danni di quanti la sua cura dovrebbe prevenire. Ma si sa, per molti la Terra continua ad essere piatta, esattamente come la realtà che si ostinano a vivere e a voler necessariamente imporre al prossimo rendere il proprio mondo meno solitario e grigio. Ma gli unici strumenti per colorare un quadro sono gli stessi che hanno permesso al mondo di progredire. Ma forse siamo arrivati ad un punto di non ritorno dove non c’è la curiosità di proseguire, ma di non domandarsi il perché si stia indietreggiando ad una velocità decisamente preoccupante.