LA VERITA’ E’ UNA DONNA NUDA

C’è bisogno di Verità, per ciò che è stato e per ciò che accadrà. L’arte ha prodotto innumerevoli immagini per rappresentare la verità. In molte allegorie è donna e nuda.
Così la descrive Cesare Ripa, sul finire del Cinquecento, nel suo trattato di iconologia insieme a molte altre immagini allegoriche di Vizi e di Virtù: Fanciulla velata, ma nuda, con il Sole nella mano destra e il Mondo ai suoi piedi. È spesso accompagnata da un Vecchio barbuto con la falce o la clessidra: è il Tempo. A lui spetta l’onere di svelare la Verità, di renderla nuda, appunto.

Ancora a metà Seicento Gian Lorenzo Bernini progetta un gruppo scultoreo con la verità svelata dal tempo che rimane però incompiuto poiché manca proprio la figura del tempo mentre è stata realizzata quella della giovane donna nuda, seduta su un drappo dall’andamento fiammeggiante. Per il resto l’iconografia è completa: la donna ha in mano il sole e ai suoi piedi c’è il mondo. Ma complessa è la storia delle immagini ed ecco che nel tempo la Verità cambia. È sempre nuda, ma si va semplificando il corredo di attributi che la accompagnano. Scompaiono il sole, il drappo e il mondo, ma stringe nella destra uno specchio rivolto a noi che la guardiamo. Così è la Nuda Veritas di Klimt: diafana, rossa di capelli e di pube; sguardo intenso e labbra schiuse. “Non puoi piacere a tutti con la tua azione e la tua arte. Rendi giustizia a pochi. Piacere a molti è male”, si legge sulla testa della donna. La Verità, che Klimt dipinse per il critico Hermann Bhar nel 1899, sconvolse il pubblico viennese di fine Ottocento, già turbato dal dilagare delle teorie freudiane sull’inconscio e sulla inaudita sessualità femminile. Pochi anni prima, nel 1896, il pittore francese Jean Léon Gerôme aveva dipinto una Verità furente che balza fuori dal fondo di un pozzo, dove era stata evidentemente confinata, stringendo in mano uno strano frustino. È un’iconografia insolita, forse eco di una antica allegoria, ma allude alla radice profonda della verità che balza fuori dall’oscurità della coscienza per colpirci. La verità di Klimt ci offre lo specchio nel quale cercare noi stessi e riflettere. La verità di Gerôme, al riparo di un cortile verdeggiante, ci viene incontro urlando e minacciando. Perché la verità è così: una volta venuta fuori non può che scioccare ed è per questo forse che facciamo tanta fatica a farla uscire.

Teresa Scarpa

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